Articolo de L'unità

CIRSES
Tipologia
fascicolo o altra unità complessa
Consistenza
1 docx
Datazione
Data (da):
01/07/2008
Data (a):
01/07/2008
Data (testuale):
2008 luglio 1 - 2008 luglio 1
Segnature
Segnatura:
AA_21_21
Identificativo di origine
cirses_units_944
Titolo
Articolo de L'unità
Tipologia titolo
originale
Contenuto
"GENITORI DI GAY. Un pride lungo 365 giorni" di Delia Vaccarello: "Avviso ai genitori e ai figli che leggono: in questo articolo trovate istruzioni per maneggiare la relazione che vi unisce, per affrontare il momento dello svelamento reciproco, per trovare la strada da prendere «dopo» il coming out. Non ci sono ideologie o retoriche. Ma solo un obiettivo: convivere, nel senso di vivere insieme nel rispetto. C’è anche una certezza: il coming out è di tutti, non solo dei figli omosex. Quando un figlio dichiara chi è, innesca un meccanismo di svelamento dentro un nucleo che segna un punto di non ritorno. Tutti sono chiamati a interrogarsi sul senso della propria autenticità. La nostra fonte sono i genitori dei gay e i loro figli (spesso riuniti nell’Agedo, www.agedo.org), le ricercatrici Marina Franchi e Chiara Bertone della università del Piemonte orientale che hanno intervistato più di duecento nuclei dando vita all’inchiesta «Family Matters», la cinepresa sapiente di Claudio Cipelletti autore di «due volte genitori», video che verrà distribuito in alcune scuole (vedi articolo a fianco). Il lutto. Appena i genitori vengono a sapere che il figlio o la figlia sono omosessuali le reazioni possono essere diverse ma nel profondo del loro animo in quel momento la verità è una: il figlio e la figlia sono morti. Si chiedono dove hanno sbagliato, passano in rassegna ogni cosa. Una coppia rievoca l’ottima preparazione al concepimento pensata per evitare errori: «Un mese intero di sole, di vitamine, perché la creatura nascesse sana, bella forte». Altri si chiedono se il latte artificiale non abbia giocato un ruolo decisivo. Si comportano come se il figlio non fosse solo omosessuale, ma in fin di vita, o già scomparso, e loro gli autori del delitto. Nel video di Cipelletti c’è un padre che ricorda: «Dopo aver letto la lettera in cui mio figlio ci dice di essere omosessuale, mi sono perso a rivedere le sue foto di bambino. Era morto in quel momento, scomparso, non più il figlio di prima». Padre e madre si abbracciano sul letto e si sono mettono a piangere. «Avevamo la sensazione terrificante di averlo perso». Ancora: «A casa nostra vediamo il Monviso che si staglia con nettezza, infonde sicurezza. Quel giorno la nebbia lo avvolgeva. Il giorno in cui sparì mio figlio, quel punto di riferimento scomparve». Poi entrambi realizzano che anche con questo figlio ormai fantasma si può parlare e scrivono a loro volta una lettera. È un passaggio psicologicamente fertilissimo. Lo credono morto ma, spinti da uno slancio che si fa strada tra il vortice del lutto, gli scrivono. «Ti vogliamo bene. Guardo le tue foto, da piccolo accanto alla mamma, tu con il sorriso solare, vivo, a tratti furbetto, scusami se piango, sto piangendo. Perché? Non ho risposte». Ed ecco che il fantasma ritrova il suo vero corpo. A chi scrivono i genitori? Stanno pronunciando le prime parole rivolte non più all’immagine del figlio, non più a quel grumo denso di aspettative culturali e personali che vuole il figlio una specie di clone in grado di rassicurare. Per la prima volta si stanno rivolgendo al figlio in sè, all’individuo sopravvissuto alla morte dell’immagine che ne avevano i genitori. Scrivono e riconoscono il mistero che fa di quel figlio un essere vivo, anche se ancora non compreso. La ri-nascita Dopo lo smarrimento, passato quel momento iniziale di perdita di punti di riferimento, che può durare a lungo - «lasciami il tempo» chiedono a volte – i genitori dei gay approdano alla dimensione invariabile dell’affetto: «sappi che ti saremo sempre a fianco, in questo mondo difficile». Il percorso di rinascita è intrapreso da tutta la famiglia. In casa di Francesca Marceca, presidente Agedo Palermo, a dirsi gay è il mediano di tre fratelli. Lo fa tentando di scongiurare la catastrofe: «Mio figlio aveva diciassette anni: ha detto “io sono sempre io, e io sono gay. Voi siete la mia famiglia io voglio stare bene con voi”. Abbiamo capito che ci stava chiedendo aiuto». Il più grande si è detto sempre eterosessuale. Ma il più piccolo a un certo punto ha dichiarato: «non so se sono come papà o come Salvo. Poi ha capito di essere come il papà». L’intera famiglia, se non imbocca (ma succede di rado) la strada del rifiuto si interroga su modi di amare e di essere che prima erano del tutto ignorati. Spesso si trovano completamente soli: «non c’era cenno di nulla nei manuali educativi». La strada si compie attraverso le associazioni, l’Agedo in testa, con l’aiuto di libri e di Internet, e poco attraverso la televisione che soddisfa solo un terzo dei genitori intervistati. L’obiettivo dei genitori dei gay è quello di vanificare ogni forma deleteria di ignoranza. Dice il padre di Salvo: «Venne da me un giovane bellissimo, sembrava un attore, e mi raccontò: “quando muoio mi devono seppellire in due bare, in una come sono io, in un’altra come mi vedono i miei genitori”. Questa frase mi fece realizzare che ogni sofferenza provocata ai nostri figli è come un’accetta che li divide in due». La battaglia Il video di Cipelletti si apre con le immagini che ritraggono il viaggio della presidente nazionale dell’Agedo, Rita De santis. Dai compagni di viaggio ascolta la litania dei pregiudizi sui gay e risponde con dolce fermezza parlando di suo figlio. Rita si sta recando al family day, che fu vera fucina di odio verso gli omosessuali. Queste le frasi pronunciate da un prete: «Chi ha figli gay ha problemi anche lui, perché ciò che nasce dalla gatta, dice il proverbio, topi mangia». Ecco i commenti di altri genitori riuniti in piazza San Giovanni nel maggio del 2007: «Se avessi un figlio gay lo amerei ma rifiuterei il suo compagno..., fatelo di nascosto, non mettete in mostra questi amori, è pubblicità...io non avrei mai un figlio gay, perché la nostra è una famiglia sana con principi sani». I genitori dei gay sanno che per infrangere la cortina di pregiudizi che divide l’Italia in due occorre testimoniare il proprio amore, quell’essere famiglie sane con figli gay che è realtà semplice e vera. Molti sanno che non sarà facile e sono pronti (il 30 per cento circa) all’esilio dei figli in paesi dalle leggi più accoglienti. Tutti sanno che l’amore è una forza misteriosa e semplice. Lo è ancora di più quando si rinasce, dopo il lutto, senza maschera sul volto: due volte figli, due volte genitori. UN LUTTO apprendere che il figlio è gay, poi lentamente si rinasce nuovi padri e madri. Uno studio su 200 famiglie italiane descrive l’impegno dei genitori contro i pregiudizi, le attese, gli strumenti per crescere".
intervista -unità recenzione 2 volte genitori 2008.pdf