Fare prevenzione all’HIV e le MTS oggi: una conversazione con Cassero Salute
Giulia Selmi
Immagine tratta dalla campagna di sensibilizzazione Safer Sex.
A cura di Giulia Selmi, sociologa, Gruppo di redazione.
La lotta contro l’HIV e la diffusione di pratiche di sesso sicuro sono da sempre al centro dell’attivismo LGBT su scala mondiale. I dati epidemiologici, le innovazioni mediche e le trasformazioni sociali all’interno della comunità LGBT ci parlano oggi di uno scenario diverso rispetto agli anni ’90 in cui queste battaglie affondano le radici. Ne abbiamo discusso con Valeria Roberti, referente del Cassero Salute.
La comunità LGBT si è sempre occupata di questioni legate alla prevenzione dell’HIV e MTS, cosa significa farlo oggi?
Oggi lo scenario si è modificato rispetto al passato. C’è una consapevolezza diffusa all’interno della comunità LGBT che ha in gran parte interiorizzato le buone pratiche di prevenzione e di sesso sicuro.
C’è una conoscenza e una consapevolezza delle possibilità di contagio che non era presente nei primi anni di diffusione della malattia. Il fatto di essere stata una delle categorie più profondamente stigmatizzate rispetto al contagio ha portato a una ferma presa di posizione della comunità, ad investire molte delle proprie energie ed attivismo nella prevenzione così come nel sostegno alle persone sieropositive e nella lotta culturale contro la stigmatizzazione, anche aprendo collaborazioni con i servizi sanitari.
Tale approccio si è protratto fino agli anni 2000, tuttavia con l’avvento di farmaci che migliorano nettamente le condizioni di vita, la nascita delle terapie post-esposizione, la fine della sovrapposizione tra AIDS e morte e con il sedimentarsi della consapevolezza costruita nei decenni precedenti questa posizione forte si è in parte ammorbidita o meglio ad oggi la lotta contro l'AIDS non è più un aspetto definitorio dell’attivismo LGBT. Con questo non voglio dire che le associazioni LGBT non facciano più prevenzione o che non persista il problema della stigmatizzazione, ma la fanno entro una comunità che ha un livello di consapevolezza e degli strumenti più solidi di quelli del passato.
Guardando le campagne di comunicazione internazionali sul tema ci siamo resi conto che in alcuni contesti (per esempio a San Francisco) l’attenzione è molto focalizzata sul fare frequentemente il test, piuttosto che sulla cultura del safer sex. Che cosa mi dici in proposito?
L’attenzione verso il test è una risposta al fenomeno dei late presenters ovvero coloro che scoprono la loro sieropositività tardi facendo passare un tempo molto lungo dal contagio alla scoperta della sieroconversione. Questo è un fenomeno complesso e preoccupante entro la comunità LGBT poiché aumenta il livello di incidenza del virus, paradossalmente in quei contesti dove la comunità LGBT è più forte e numerosa. Nonostante, stando ai dati, le persone LGBT facciano il test più frequentemente delle persone eterosessuali, l’attenzione verso il test fatto spesso e con continuità resta una questione prioritaria ed importante per tutelare la salute della comunità: sebbene sappiamo che non possiamo puntare ad azzerare il numero di sieroconversioni, la promozione del test è uno dei modi per lavorare sulla diminuzione dell’incidenza.
Al contempo la promozione del test deve andare di pari passo con la prevenzione e la diffusione delle pratiche di sesso sicuro, non sono due cose che si escludono vicendevolmente. Il nuovo sito di Cassero Salute, così come le attività informative che realizziamo sia dentro il circolo che in eventi esterni, va in questa direzione: divenire consapevoli delle diverse pratiche e di come farle in modo sicuro senza allarmismi, ma con cura verso di sé e verso il proprio o la propria partner. Nella stessa direzione va il lavoro di PLUS, la prima associazione italiana di persone LGBT sieropositive, che comprende sia un’attenzione verso il test, ma anche un lavoro costante di prevenzione e promozione di pratiche di sesso sicuro.
Dal vostro osservatorio privilegiato come sono cambiate le pratiche e/o le richieste delle nuove generazioni rispetto al passato?
Nei/lle giovani attivisti/e riscontro una diffusa disponibilità a parlare, a chiedere e a confrontarsi tra pari senza forme di tabù o di reticenza e una diffusa consapevolezza delle pratiche di sesso sicuro. Allo stesso tempo, però, anche entro la comunità LGBT, permangono delle forme di stigmatizzazione delle persone sieropositive ed essere visibili come persona sieropositiva non è semplice ancora oggi. Nei ragazzi e nelle ragazze adolescenti che incontriamo durante le attività di educazione alla differenza e contro l’omofobia, invece, riscontro un grado di consapevolezza molto più basso, una minore consapevolezza del proprio corpo e della propria sessualità anche in relazione alle malattie sessualmente trasmissibili e all’HIV.
Ci sono delle differenze di genere tra donne lesbiche e uomini gay nell’approccio alla salute o dei bisogni specifici espressi dai due generi da tenere in considerazione?
Si, enormi. Gli uomini ed i ragazzi gay sono stati i destinatari principali delle campagne sulla prevenzione e hanno introiettato alcune questioni base come l’utilizzo del preservativo. Inoltre, attraverso i film o la letteratura esiste un immaginario attorno alla sessualità maschile, anche rispetto alla prevenzione delle malattie.
Nelle donne si riscontra una consapevolezza molto minore e una difficoltà a capire cosa può essere pericoloso e cosa no per la propria salute sessuale. Se è vero, infatti, che l’incidenza dell’HIV tra donne lesbiche è irrisoria, le malattie sessualmente trasmissibili e la cultura di un sesso sicuro riguardano entrambi i generi.
In parte, sono state fatte alcune scelte sbagliate da parte delle associazioni nella promozione del safer sex al femminile. Alcune scelte, infatti, si sono rivelate inefficaci, ad esempio il puntare sul dental dam (fazzolettino in lattice di dimensioni 25x15 cm circa da usare come barriera nei rapporti oro-vaginali) piuttosto che porre l'attenzione sullo scambio di fluidi e sul fatto che ciò rappresenti il comportamento più ad alto rischio nei rapporti tra donne. In parte, anche la comunità lesbica risente del generale tabù sulla sessualità femminile, ma soprattutto di una scarsa attenzione pubblica alle questioni che riguardano la salute femminile traducendosi a volte in una scarsa conoscenza e consapevolezza del proprio corpo da parte delle donne stesse. Basti pensare che non esistono studi specifici sull’incidenza e le modalità di trasmissione di MTS in rapporti lesbici e, in tutti i momenti formativi che abbiamo fatto sul tema, le ginecologhe coinvolte ci hanno formato a partire dalla teoria, ma senza dati empirici o epidemiologici alla mano. Questo credo sia un terreno che deve essere approfondito.