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Hermaphrodites with Attitude: l’evoluzione dei movimenti e dell’attivismo su intersessualità e DSD

Daniela Crocetti

A cura di Daniela Crocetti, Ph.D. in Science, Technology and Humanities, Università degli Studi di Bologna.

Nel 1993 la biologa femminista Anne Fausto-Sterling pubblicò un articolo su "The Sciences" (dal titolo "I cinque sessi") in cui svelava al grande pubblico statunitense 'l’esistenza' dell’intersessualità. In risposta, Cheryl Chase, una donna intersessuale, scrisse una lettera a "The Sciences" annunciando la fondazione della Intersex Society of North America (ISNA), ovvero la prima associazione di persone intersessuate del Nord America. Numerose persone lessero sia l’articolo che la lettera e cominciarono a scrivere a Chase, dando così vita alla fine dello stesso anno all’ISNA.

Chase decise di fondare l’associazione a partire dalla propria esperienza personale: la riassegnazione di sesso durante l'infanzia, la vergogna indotta dalla medicalizzazione, il disinteresse da parte dei medici rispetto a ciò che le era successo. La scintilla che innescò l’idea - racconta Chase - fu la partecipazione nel 1993 ad un incontro organizzato dai membri di Transgender Nation in cui donne transgender operate si scambiavano storie e godevano della libertà di nuotare e prendere il sole nude. Quell’esperienza fu talmente positiva per Chase che tornò a casa determinata a trasmettere il significato liberatorio di questa azione alle persone intersessuate: era possibile, infatti, superare il sentimento di rifiuto e di vergogna per il proprio corpo medicalizzato e per la propria storia.

Nel 1994 nasce "Hermaphrodites with Attitude", ovvero un forum e una rivista omonima gestiti dall’associazione ISNA. Se agli inizi questo spazio di confronto aveva soprattutto la funzione di gruppo di sostegno, presto si trasformò in un gruppo attivista: i suoi membri – che condividevano storie simili di medicalizzazione e che provenivano dal femminismo o dalla politica queer – iniziarono a criticare le modalità con cui l’intersessualità era stata inutilmente patologizzata dal punto di vista sociale e medico. In un primo tempo, le critiche mosse da ISNA erano riconosciute come legittime da pochissimi medici: molti, infatti, si nascondevano dietro l’efficacia del protocollo di cura, definendolo come necessario, anche al punto di sostenere attivamente la scelta di mentire ai pazienti rispetto alle loro storie mediche.

Per portare avanti la propria causa ISNA cominciò a tessere delle reti di supporto e confronto con altri gruppi: in primo luogo con gruppi del movimento trans con cui manifestarono nel corso di convegni medici per richiedere che tutti gli interventi chirurgici sui genitali venissero posticipati all’età del consenso e, soprattutto, che la persona ne venisse correttamente informata. Successivamente ISNA ampliò la propria rete di contatti ed interlocutori, sia nel mondo accademico che, gradualmente, nel mondo medico. Per perorare la propria causa ISNA sottolineò da subito la similitudine tra le mutilazioni genitali femminili (MGF) e gli interventi chirurgici fatti su certe sindromi intersessuali poiché entrambi miravano a far aderire il corpo ad un standard sociale e, allo stesso tempo, negavano il raggiungimento del piacere sessuale al soggetto femminile.
Nel corso degli anni ISNA si concentrò sempre più sulla pratica medica, sollecitando un cambiamento del protocollo di cura. Il gruppo che ne prese l’eredità da quando ISNA concluse le proprie attività nel 2007, The Accord Alliance, infatti lavora in stretta collaborazione con medici e accademici. Numerose altre associazioni nate successivamente, invece, lavorano sul fronte informativo (Intersex Initiative), dei diritti umani (Advocates for Informed Choice), della militanza (OII), o semplicemente come gruppo di sostegno rispetto alle esperienze individuali.

Sebbene ISNA sia stata la prima associazione politicizzata e militante che ha lavorato per i diritti delle persone intersessuali con lo scopo di destabilizzare la visione eteronormativa alla base della violenza sui corpi intersessuati, già negli anni ’80 erano presenti alcuni gruppi di sostegno, ciascuno dei quali impegnato su una sindrome precisa. Il gruppo di sostegno americano, Turner’s Syndrome Society, che comprende parenti e persone con la sindrome di Turner (che provoca la presenza del solo cromosoma di sesso X), venne fondato nel 1987. L’anno successivo in Gran Bretagna una madre costituì il primo gruppo per la sindrome di insensibilità agli androgeni (AIS) in cui i cromosomi cosiddetti maschili, XY, portano ad un sviluppo corporeo femminile, ma con le gonadi interne maschili. Nel 1989 un’altra madre fondò un gruppo per la sindrome di Klinefelter, una delle sindromi più frequenti (1 caso ogni 7.000 nascite), in cui è presente un terzo cromosoma sessuale (XXY).

La storia dell’attivismo italiano nell’ambito dell’intersessualità ha seguito una strada ibrida (tra sostegno alle persone e attivismo politico) rispetto agli scenari appena descritti. Klinefelter Italia Onlus (KIO) è stata fondata nel 2004 e ad oggi ci sono numerosi gruppi Klinefelter che operano a livello locale. KIO agisce per la maggior parte come gruppo di sostegno, fornendo momenti di incontro e d’informazione, ma lotta anche contro la disinformazione medica e per una ricerca maggiormente approfondita rispetto alla salute delle persone intersessuate. Inoltre, le persone con sindrome di Klinefelter, molto spesso uomini eterosessuali, sono sovente bersaglio di discriminazioni a sfondo omofobico poiché portatori di caratteristiche considerate 'femminili': per questa ragione l’associazione ha un’esplicita vocazione contro l’omofobia e gli stereotipi legati al genere e all’orientamento sessuale.
AISIA (Associazione Italiana Sindrome da Insensibilità agli Androgeni) è nata nel 2006, a partire da un piccolo gruppo di persone con la Sindrome da Insensibilità agli Androgeni (AIS) e dai loro genitori che si costituisce in associazione e inaugura la propria vita associativa prendendo parte all’ "International Meeting on Anomalies of Sex Differentiation". Il gruppo si occupa principalmente di AIS, ma non è rivolto solo alle persone con questa sindrome ed ha la volontà di accogliere persone intersessuate ed i loro parenti indipendentemente dal tipo di sindrome. Sin dall’inizio AISIA si è mossa su diversi fronti, frequentando tutti i convegni medici sull’argomento, cercando interlocutori nel mondo medico, organizzando eventi di scambio e incontro tra membri e stakeholder, fornendo servizi di screening gratuiti sia rispetto alla terapia ormonale che alla diagnosi. AISIA ha anche avviato una collaborazione con diversi psicologi italiani e inglesi che promuovono sia la comunicazione completa della diagnosi sia una maggiore attenzione alla sessualità femminile, fondando un comitato scientifico per agevolare la comunicazione tra il gruppo e i medici di riferimento. La partecipazione di AISIA ai convegni medici è finalizzata a sensibilizzare rispetto alla perdurante mancanza di consenso informato e alle pesanti conseguenze degli interventi chirurgici non consensuali.
Infine nel 2013 è nato Intersexioni, un gruppo attivista composto anche da persone intersessuate. Il collettivo Intersexioni lavora su diversi fronti: non solo sull’intersessualità, ma anche sul sessismo, il razzismo, la violenza di genere, il bullismo e l’omo-transfobia, considerando l’eteronormatività come lo scenario di fondo di tutti questi fenomeni, con l’obiettivo di sviluppare azioni inclusive di ampio respiro.
Proprio a partire da un principio di inclusione e trasversalità delle rivendicazioni legate al genere e alla sessualità, oggi la lettera ‘I’, che sta a indicare le persone intersessuate, viene inclusa nell’acronimo ‘LGBT’ che indica il movimento lesbico, gay, bisessuale e transgender, con lo scopo di sottolineare gli obiettivi comuni di critica e messa in discussione dell’eteronormatività e della dualità dei sessi espresse dalla cultura occidentale e contribuire a sostenere le rivendicazioni specifiche del movimento intersessuale.

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Anni Sessanta. Dai Balletti Verdi a Lavorini
Alessio Ponzio

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Omosessualità e stigmatizzazione in Italia: scandali, leggi e media 

Anni Sessanta. Dai Balletti Verdi a Lavorini
Alessio Ponzio

Nel 1962 un gruppo milanese – i Peos – incise un brano intitolato Balletti Verdi. Titolo e testo si ispiravano a un recente fatto di cronaca. Nell’ottobre 1960 la stampa italiana aveva dato grande spazio ad un’inchiesta riguardante l’organizzazione nel bresciano di “festini” a sfondo omosessuale dove, secondo i giornalisti, molti minori erano stati indotti alla prostituzione da adulti compiacenti. Nel giro di qualche settimana lo scandalo da locale divenne nazionale. La stampa iniziò a parlare di questa vicenda come lo “scandalo dei balletti verdi”.

La parola “balletto” veniva utilizzata come metafora per indicare la natura sessuale di tale caso, mentre l’aggettivo “verde” veniva impiegato non solo per indicare la giovane età dei ragazzi coinvolti nella vicenda, ma anche per sottolineare la natura omosessuale dello scandalo. Il colore verde, infatti, veniva spesso associato all’omosessualità, richiamo forse a un vezzo di Oscar Wilde, il quale era solito indossare un garofano verde sul bavero della giacca.

Il fatto che lo scandalo fosse scoppiato non in una grande città, bensì in una realtà provinciale, rese la vicenda ancora più accattivante. I “balletti” vennero visti come un chiaro segnale di come l’omosessualità si stesse pericolosamente diffondendo persino in comunità considerate immuni da tali “pratiche”.


 

Asessualità
Redazione

DALL·E 2023-11-29 11.26.40 - An illustrative image showing a diverse group of people gathered in a natural setting, highlighting the theme of asexuality. The scene includes a pers.png

L'asessualità: una sfumatura dell'orientamento sessuale da comprendere e rispettare