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Il Movimento Omosessuale Italiano tra FUORI e Collettivi (1977-1979)

Alessio Ponzio

La Galassia del 1977

Il 1977 fu un anno di grande fermento all’interno del panorama lesbico e omosessuale italiano. Esso fu non solo l’anno della pubblicazione del celeberrimo volume di Mario Mieli Elementi di critica omosessuale, ma fu soprattutto l’anno in cui attiviste e attivisti in opposizione al FUORI presero sempre più forza. Si assistette infatti alla nascita di molteplici gruppi lesbici e gay – spesso effimeri – che includevano tutte e tutti coloro che si opponevano alla collaborazione con istituzioni politiche sistemiche.  

Le elezioni del 1976 avevano rafforzato il Partito comunista che, nel nome dell’unità nazionale, aveva deciso di appoggiare dall’esterno la formazione di un governo monocolore DC. Tale decisione aveva portato una ampia parte della sinistra radicale a prendere le distanze dalla sinistra istituzionale. Per le giovani e i giovani del “movimento del ‘77” iniziò una fase di sperimentazione e di opposizione completa alle strategie pro-sistema del PCI. Questa ventata di cambiamento investì anche molte lesbiche e molti omosessuali.

A Milano, dove i COM stavano ormai terminando la propria esperienza, nasceva sotto la guida di Elio Modugno, passato dall’omofilia al radicalismo, il “Collettivo di Liberazione Sessuale” legato ad “Avanguardia Operaia”. Nel 1977 nascevano anche il COSR di Torino (Collettivo omosessuale sinistra rivoluzionaria), il COAG di Genova (Collettivo omosessuale autonomo genovese), il collettivo “Petali di Rosa” di Bergamo e il COV di Venezia (Collettivo omosessuali veneziani). Nel 1977 venne anche costituito a Torino un collettivo lesbico: le “Brigate Saffo”. Nate dall'iniziativa di due transfughe del FUORI, Matilde Bona e Rossana Pittatore, le Brigate espressero i propri obiettivi politici scrivendo sui muri della città, partecipando a trasmissioni alle radio libere e realizzando, come vedremo, un foglio autoprodotto. Il gruppo aveva una chiara ispirazione rivoluzionaria e trovò un proprio alleato nel COSR.

Nell’inverno 1977, durante l’occupazione dell’Università La Sapienza, nacque a Roma il CARO (Collettivo autonomo rivoluzione omosessuale), poi divenuto la “Cornucopia” e in ultimo, nel 1978, ribattezzato “Collettivo Narciso”.

A Bologna, alcuni transfughi del FUORI, avevano dato vita nel 1975 al collettivo “Sex-Pol”. Dopo una fase di breve rientro nei ranghi del Fronte, i bolognesi si distaccarono nuovamente nel corso del 1977 per dare vita al “Collettivo Frocialista”. Il nome del collettivo derivava dal fatto che le loro riunioni avvenivano presso la sede del Partito socialista di Via Castiglione nel centro di Bologna.

I collettivi nati nel corso del 1977 raccolsero poche centinaia di attiviste e attivisti ed ebbero dei cicli vitali piuttosto complicati: aprivano, chiudevano, cambiavano nome e rinascevano. 

 

Il Congresso di Bologna 

Diversi gruppi della variegata galassia omosessuale italiana parteciparono ad un evento organizzato a Bologna dal 23 e al 25 settembre 1977. La redazione di Lambda, che si mostrava sempre più vicina ai collettivi autonomi, lanciò l’idea di organizzare nell’ambito del “Congresso internazionale contro la repressione” un incontro nazionale di omosessuali e lesbiche presso l’Università di Bologna. Il gruppo, che presentava una presenza lesbica piuttosto limitata, decise anche di partecipare al grande corteo organizzato a conclusione del congresso principale sfilando con striscioni ormai entrati nella mitologia del movimento omosessuale italiano: “via anale contro il capitale”, “lotta dura contro natura”.

Durante il congresso di Bologna si decise di organizzare presto un nuovo incontro per portare avanti le discussioni iniziate nel corso della tre giorni. Si decise di dare una qualche forma di coordinamento nazionale all’attività dei collettivi e Lambda venne indicata come la voce del nuovo movimento nascente.

A spingere per la definitiva “liberazione” di Lambda dal FUORI fu Felix Cossolo sempre più deciso a trasformare la rivista in un mezzo di comunicazione libero dai lacci del Partito Radicale. La rottura definitiva avvenne a seguito di una iniziativa presa da Cossolo. All’inizio del 1978, egli pubblicò infatti un’intervista fittizia a Pannella in cui il leader radicale faceva sostanzialmente coming out. Molti all’interno del Fronte, a questo punto, decisero di troncare i propri legami con Lambda e Pezzana ritirò la propria firma da direttore responsabile della rivista. Il periodico diventava così, a tutti gli effetti, la voce di un movimento che rifiutava ogni legame con la politica istituzionale. La frattura tra FUORI e collettivi era destinata ad allargarsi.

 

Un nuovo FUORI?

A differenza degli omosessuali rivoluzionari, il FUORI focalizzava la propria strategia politica attorno ai diritti civili, come aveva dimostrato l’azione organizzata da Pezzana in Russia nel novembre 1977. Il leader del FUORI si era infatti recato in URSS per protestare contro la condanna a cinque anni comminata nel 1974 al regista armeno Sergej Paradjanov per omosessualità. Questa protesta, in pieno stile radicale, portò all’arresto immediato di Pezzana e alla sua espulsione dal paese.

In occasione del XIX congresso del PR, tenutosi a Bologna nel novembre 1977, fu presentata una nuova piattaforma ideologico-organizzativa da parte del FUORI. Essa venne enfaticamente ribattezzata Gaia Charta. Il Fronte si faceva paladino della non-violenza, dei diritti civili, della lotta al clericalismo, all’autoritarismo e alla repressione. La Charta ribadiva l’integrazione del FUORI con il PR ed evidenziava la vocazione internazionalista del Fronte interessato a tessere relazioni sempre più strette con organizzazioni estere. Vocazione che sarebbe stata poi confermata dalla partecipazione di una delegazione del Fronte all’incontro organizzato a Coventry nell’agosto 1978 per sancire la fondazione dell’IGA (International Gay Association). 

Il FUORI, seguendo l’esempio di alcune organizzazioni nordeuropee e nordamericane, voleva garantire servizi medico-legali ai propri membri, migliorare le proprie relazioni con la società civile ed implementare attività di natura commerciale per favorire l’integrazione degli omosessuali nel sistema. Nel corso del 1977 lo slogan chiave del FUORI divenne: “abbassare il tiro per arrivare più lontano”. Il Fronte sosteneva la necessità di prendere le distanze dalla teoria rivoluzionaria e puntare al pragmatismo. 

Dopo un periodo di pausa la rivista del FUORI fu nuovamente disponibile per lettori e lettrici a partire dal 1978. Il numero 18 si presentava con un nuovo look e una condirettrice – Elisabetta Merlin – accanto ai direttori Pezzana e Carlo Sismondi. A partire dal 1979 la direzione del giornale sarebbe stata affidata ad Enzo Cucco.

Nel giugno 1978 venne celebrata a Torino, per la prima volta in Italia, una settimana dell’orgoglio gay-lesbico ricollegata alle celebrazioni internazionali del gay pride. In quelle giornate si svolse un congresso del FUORI e un festival del cinema omosessuale, predecessore del Festival del cinema gay e lesbico che aprì ufficialmente i battenti nel 1985. Il festival di cinema e gli spettacoli teatrali furono un successo, mentre il congresso del Fronte – dedicato a “Liberazione omosessuale e diritti civili” – non ricevette l’attenzione sperata anche a causa delle tensioni ormai croniche tra gruppi rivoluzionari e riformisti. Tensioni che erano emerse recentemente a causa dell’organizzazione di una serata gay – gestita una volta a settimana dal FUORI in una discoteca torinese. Il Fronte era stato duramente contestato dal Collettivo Omosessuale della Sinistra Rivoluzionaria e da Lambda poiché, a loro dire, l’organizzazione di tali iniziative era una forma di ghettizzazione che portava alla mercificazione dell’omosessualità. 

Per i giornali della nuova sinistra il congresso di Torino era un’ulteriore conferma della spaccatura insanabile del movimento omosessuale, mentre il FUORI uscì dal congresso convinto della strada intrapresa, quella dei diritti civili, accanto ai radicali. Il congresso ratificò la volontà di sviluppare un rapporto concreto e potenzialmente vantaggioso con le istituzioni ma anche la decisione di abbandonare la ricerca dell’incontro con gruppi che non volevano confrontarsi ma aggredire.

Il 1978 portò una novità assoluta per gli omosessuali italiani. Il 21 settembre ottennero infatti uno spazio autogestito alla televisione e alcuni dirigenti del FUORI ebbero la possibilità di partecipare ad una puntata della rubrica dell’Accesso destinata a dare voce a gruppi scarsamente rappresentati nei media televisivi italiani. 

 

Bologna 1978

I collettivi autonomi ruotanti attorno a Lambda crebbero nel corso del 1978. Le convergenze tra Cossolo e Collettivo Frocialista di Bologna resero possibile l’organizzazione del primo vero incontro nazionale del movimento dei collettivi autonomi. Esso venne convocato a Bologna dal 26 al 28 maggio 1978. L’anno prima omosessuali e lesbiche si erano ritagliati uno spazio all’interno del “Congresso internazionale contro la repressione”, questa volta però avevano dato vita ad un evento tutto per loro. Durante la tre giorni ebbero luogo spettacoli, serate di cinema e teatro. Epicentro dell’congresso era il Salone dei Seicento di Palazzo Re Enzo. All’ingresso troneggiava uno striscione con la scritta “Per il coordinamento dei collettivi omosessuali” con accanto un simbolo in linea con il congresso una falce con, al posto del martello, un finocchio in fiore. La tre giorni si concluse con un corteo di circa 200 persone – il più partecipato fino ad allora in Italia. Molte lesbiche erano presenti all’incontro e alla marcia finale, ma diventava sempre più evidente per le donne la necessità di avere propri spazi per evitare di essere fagocitate da un movimento fortemente maschile.

Il documento conclusivo del congresso spiegava che il movimento includeva tutti i collettivi esistenti ma, potenzialmente, anche tutte e tutti coloro che non facevano parte di alcuna organizzazione. Il movimento confermava la propria autonomia dai partiti e la propria impostazione antifascista, antimaschilista, anticapitalista e antistalinista. Il movimento affermava di voler lottare contro tutte quelle norme sessuali borghesi che imponevano l’eterosessualità riproduttiva come orientamento funzionale al sistema capitalista. I collettivi, riconoscendo il Movimento di Liberazione della Donna come alleato naturale, speravano di instaurare un dialogo con esso superando possibili incomprensioni. Il periodico Lambda veniva indicato come la voce del movimento e nel documento si chiedeva ai giornali della nuova sinistra di dare spazio nelle proprie pagine a tutte le sfaccettature del proletariato, inclusa la questione omosessuale.

Pochi mesi dopo il congresso di Bologna Lambda avrebbe sponsorizzato la partecipazione dei collettivi a un campeggio gay internazionale organizzato in Grecia. L’obiettivo era protestare contro la legislazione antiomosessuale del paese. L’esperienza greca avrebbe fatto scuola e negli anni successivi simili campeggi sarebbero stati organizzati in Italia. 

Nel corso del 1978 Matilde Bona delle Brigate Saffo e Felix Cossolo avevano iniziato a pensare alla possibilità di una collaborazione diretta tra Brigate e Lambda. Nel 1978, a partire dal numero 13 dedicato al congresso di Bologna, Lambda iniziò a garantire uno spazio curato dalle Brigate. Dal numero successivo le pagine curate dal collettivo lesbico divennero tre. Alla fine dell'anno uscì il primo supplemento lesbico autogestito che divenne un foglio di quattro pagine diffuso con la rivista. Questo foglio fu, ad eccezione del numero unico de Il FUORI-Donna, la prima pubblicazione esplicitamente lesbica del panorama italiano. 

A partire dal 6 maggio 1978 iniziò anche la pubblicazione del Quotidiano donna, supplemento del Quotidiano dei lavoratori legato ad “Avanguardia Operaia”. Anche sul Quotidiano donna iniziarono ad apparire contributi lesbici e, dal 19 settembre 1979, venne lanciata la Pagina lesbica che rimase una presenza costante sul Quotidiano fino all’interruzione delle sue pubblicazioni nel 1981. A partire dalla fine di quell’anno sarebbe comparso il Bollettino del CLI pubblicato fino al 2002.

 

Il 1979 del FUORI

Il FUORI, che poteva contare sui gruppi guida di Torino, Milano, Roma e Palermo e alcuni nuclei piccoli e dispersi un po’ in tutta la penisola, organizzò nel marzo 1979 una nuova protesta internazionale. Enzo Francone, a nome del FUORI e dell’IGA, manifestò a Teheran per denunciare pubblicamente il modo in cui il regime iraniano trattava gli omosessuali.

Pochi mesi dopo, alle elezioni di giugno, gli omosessuali si presentarono ancora una volta tra le fila del PR. Queste elezioni furono il più grande successo ottenuto dai radicali che passarono da 4 a 18 deputati. Ma, anche questa volta, nessun esponente del FUORI venne eletto.

Le elezioni segnarono una battuta d’arresto per il PCI che, da quel momento in poi, avrebbe iniziato una nuova fase di avvicinamento alla realtà omosessuale e lesbica italiana. Tale cambiamento sembrò emergere da parte delle amministrazioni comunali di Torino e Roma. Il 28 giugno 1979 il FUORI ebbe la possibilità di incontrare per la prima volta il sindaco comunista Diego Novelli. Le loro richieste – concessione di finanziamenti e impegni concreti per sostenere la comunità gay e lesbica torinese – alla fine non furono accolte, ma per lo meno iniziò un dialogo. A Roma, il 19 luglio, i militanti del FUORI romano incontrarono il sindaco Giulio Carlo Argan. Questi furono importanti esempi del dialogo tra omosessuali e amministrazioni di sinistra che non avrebbero fatto altro che moltiplicarsi nel corso degli anni.

 

Il 1979 dei collettivi

Dopo l’incontro di Bologna del maggio 1978 e il camping greco non c’erano più state occasioni di incontro tra i collettivi. Lambda rimaneva l’unico collegamento tra queste diverse realtà. Cossolo decise dunque di provare a lanciare l’organizzazione di un camping in Italia. L’esperienza presso il “Camping la Comune” di Isola di Capo-Rizzuto ebbe grande successo e diede slancio ai gruppi autonomi.

Questi, guidati da Lambda e dal “Collettivo Narciso” di Roma, organizzarono nella capitale nel novembre 1979 un nuovo appuntamento nazionale. Il “2º Convegno degli/delle Omosessuali”, iniziato il 1° novembre, ebbe luogo presso il Convento Occupato vicino al Colosseo, gestito dal gruppo Stella Rossa. All’incontro erano presenti un po’ tutte le realtà organizzative dai Frocialisti di Bologna all’OMPO di Consoli. La parola d’ordine del convegno fu “Cento collettivi in un anno.” Bisognava crescere, moltiplicarsi. L’evento avrebbero dovuto concludersi il 3 novembre con un corteo per le vie di Roma cui però non venne concessa l’autorizzazione, come era già avvenuto tre anni prima in occasione della marcia organizzata per la commemorazione di Pasolini.

Nonostante volesse essere un convegno inclusivo, dall’elenco degli interventi ne emerge solo uno fatto da una donna – Maria Grazia del Narciso di Roma. Riguardo al basso numero di lesbiche presenti all’incontro bisogna tener in considerazione il fatto che dal 14 al 16 aprile si era tenuto a Torino un convegno lesbico organizzato dalla “Brigate Saffo” cui avevano partecipato circa 200 donne da varie città italiane.

Durante l’incontro romano venne deciso di dedicare uno spazio settimanale autogestito su Lotta continua. Nasceva così la Pagina frocia che per sei mesi diede voce ai collettivi in una delle più importanti riviste della nuova sinistra. Inoltre, durante la quattro giorni all’ex Convento Occupato, si decise anche di organizzare un incontro nazionale il 24 novembre 1979 a Pisa per protestare contro la violenza anti-omosessuale.

La dimostrazione per le vie della città di Pisa, organizzata su volontà e proposta del “Collettivo Orfeo”, vide la partecipazione di circa cinquecento tra gay e lesbiche. Dopo questa importante manifestazione però sembrò iniziare per molti una nuova fase di stanchezza e di fuga dalla politica. Le principali aggregazioni del movimento omosessuale – collettivi autonomi e FUORI – stavano ormai esaurendo le forze e la spinta organizzativa.

La scomparsa di Lambda, per problemi finanziari, e della Pagina Frocia, per decisione di “Lotta Continua”, significarono per il movimento perdere la voce ma anche perdere due importanti elementi del suo tessuto connettivo.

Nel corso del 1980 molti collettivi iniziarono a scomparire mentre era sempre più evidente come per diversi gruppi l’attivismo stesse divenendo sempre più localizzato. Un chiaro esempio di questa nuova tendenza fu il “Collettivo Frocialista” di Bologna che, come vedremo, puntò al dialogo con l’amministrazione locale per ottenere spazi e servizi.


 

 

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Anni Sessanta. Dai Balletti Verdi a Lavorini
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Omosessualità e stigmatizzazione in Italia: scandali, leggi e media 

Anni Sessanta. Dai Balletti Verdi a Lavorini
Alessio Ponzio

Nel 1962 un gruppo milanese – i Peos – incise un brano intitolato Balletti Verdi. Titolo e testo si ispiravano a un recente fatto di cronaca. Nell’ottobre 1960 la stampa italiana aveva dato grande spazio ad un’inchiesta riguardante l’organizzazione nel bresciano di “festini” a sfondo omosessuale dove, secondo i giornalisti, molti minori erano stati indotti alla prostituzione da adulti compiacenti. Nel giro di qualche settimana lo scandalo da locale divenne nazionale. La stampa iniziò a parlare di questa vicenda come lo “scandalo dei balletti verdi”.

La parola “balletto” veniva utilizzata come metafora per indicare la natura sessuale di tale caso, mentre l’aggettivo “verde” veniva impiegato non solo per indicare la giovane età dei ragazzi coinvolti nella vicenda, ma anche per sottolineare la natura omosessuale dello scandalo. Il colore verde, infatti, veniva spesso associato all’omosessualità, richiamo forse a un vezzo di Oscar Wilde, il quale era solito indossare un garofano verde sul bavero della giacca.

Il fatto che lo scandalo fosse scoppiato non in una grande città, bensì in una realtà provinciale, rese la vicenda ancora più accattivante. I “balletti” vennero visti come un chiaro segnale di come l’omosessualità si stesse pericolosamente diffondendo persino in comunità considerate immuni da tali “pratiche”.


 

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